CORSPORT (F. PATANIA) - Hanno fatto tutto da soli e il film lo hanno girato di pomeriggio all’interno del centro sportivo di Formello. Attori principali Reja e Lotito con la Lazio a guardare, sbalordita da tanti colpi di scena e dalle frustate dei suoi condottieri.
Forse si dimette il mister. « Me ne vado» l’urlo del tecnico friulano nello spogliatoio per inchiodare i giocatori di fronte alle proprie responsabilità, togliendo l’alibi della contestazione dei tifosi. Anzi no, ci ripensa. Guarda l’allenamento in attesa di comunicare le sue decisioni a Lotito, che arriva e tuona: « Dimostrate di meritare la maglia della Lazio. Reja ha la nostra fiducia e non si tocca » . E infine la retromarcia: « Resto. Ci vediamo domani » . Questa la sintesi di un film andato in scena davvero e di una giornata da ricostruire passo dopo passo, ripartendo dal tracollo dell’Olimpico firmato da Palacio e Kucka.
DOMENICA -Alle 19, dopo la sconfitta con il Genoa e lo sfogo di fronte ai microfoni, Reja rientra nell’albergo che lo ospita vicino a Ponte Milvio. E’ deluso, amareggiato per la contestazione della Curva Nord. E’ un malessere che si porta dietro da tempo e che sta diventandoun alibi per tutti. Edy incontra il ds Tare. Appare sereno, si confrontano sulla Lazio. Il mister è stanco per le critiche, ma l’ipotesi delle dimissioni (cavalcata da altri quotidiani) non prende corpo, o meglio non rappresenta con precisione i contorni dello sfogo. Siamo al«me ne vado ma non me ne vado». Potrebbe deciderlo ma non lo farà. Questa è la storia. Si tratta soltanto di una reazione emotiva dell’uomo ferito nell’orgoglio. E’ già successo.« Se volete torno in Friuli »disse l’anno scorso prima di Natale, quando era secondo in classifica, perché l’Olimpico lo aveva fischiato dopo la sostituzione di Zarate. Stessa storia due giorni fa. Da una parte la stanchezza per i fischi, dall’altra l’ottimismo per il futuro e le virgolette chiarissime:« Vado avanti». Sullo sfondo la necessità di non trasformare la contestazione in un alibi, la voglia di confrontarsi con la squadra, che vede distratta, lontana dalla realtà del campionato appena iniziato.
ORE 11 -Ieri mattina Reja si presenta molto presto a Formello. Sta già lavorando e studiando la trasferta di Cesena, ma si porta dietro la delusione e l’amarezza per i fischi. Nello spogliatoio raccontano già da diverse settimane di vederlo nervoso, molto insofferente. Aspetta la squadra per l’allenamento fissato nel pomeriggio e pranza con i suoi più stretti collaboratori.
ORE 15 -Arrivano alla spicciolata i giocatori. Reja resta in borghese. Si spogliano solo il suo vice Giovanni Lopez e il preparatore Febbrari. Comincia il confronto con la squadra. Edy alza i toni, la contestazione dei tifosi è appena sfiorata. E manifesta l’intenzione di andare via.« Mi sono stancato. Vi vedo distratti, è come se il campionato dovesse ancora cominciare. Facciamo certe cose in allenamento e poi non si ripetono sul campo. In più mi becco anche i fischi dei tifosi. Così non va. A 65 anni me ne posso anche stare a casa con mia moglie piuttosto che continuare così»: queste, più o meno, le sue parole e il senso del discorso fatto alla squadra. Intervengono alcuni senatori, lo invitano a restare, a mettere da parte la delusione. Lo difende anche il ds Tare. La chiusura di Reja è sorprendente. « Guardo l’allenamento, più tardi arriva Lotito e gli comunico le mie decisioni ».
ORE 18 -Piomba Lotito a Formello. Alcuni giocatori, già usciti dal centro sportivo, vengono richiamati. Domenica all’Olimpico non ha visto nessuno, non è vero che abbia urlato dopo la partitanello spogliatoio, dove non lo hanno proprio visto. Il presidente raduna la squadra e il messaggio è chiarissimo:«Reja ha la nostra fiducia e non si tocca, non va bene scaricare le colpe sull’allenatore. Dimostrate sul campo di meritare la maglia della Lazio ». E’ una ramanzina, un processo alla squadra, una difesa totale dell’allenatore, che annuncia:«Resto». Alle 19 il tecnico lascia il centro sportivo, non dice una parola, appare di pessimo umore. Ma è pronto a riprendersi la Lazio e viaggiare verso Cesena per trasformare i fischi in applausi. Una notte per capire se la scossa basterà per far tornare a volare l’aquila.
Forse si dimette il mister. « Me ne vado» l’urlo del tecnico friulano nello spogliatoio per inchiodare i giocatori di fronte alle proprie responsabilità, togliendo l’alibi della contestazione dei tifosi. Anzi no, ci ripensa. Guarda l’allenamento in attesa di comunicare le sue decisioni a Lotito, che arriva e tuona: « Dimostrate di meritare la maglia della Lazio. Reja ha la nostra fiducia e non si tocca » . E infine la retromarcia: « Resto. Ci vediamo domani » . Questa la sintesi di un film andato in scena davvero e di una giornata da ricostruire passo dopo passo, ripartendo dal tracollo dell’Olimpico firmato da Palacio e Kucka.
DOMENICA -Alle 19, dopo la sconfitta con il Genoa e lo sfogo di fronte ai microfoni, Reja rientra nell’albergo che lo ospita vicino a Ponte Milvio. E’ deluso, amareggiato per la contestazione della Curva Nord. E’ un malessere che si porta dietro da tempo e che sta diventandoun alibi per tutti. Edy incontra il ds Tare. Appare sereno, si confrontano sulla Lazio. Il mister è stanco per le critiche, ma l’ipotesi delle dimissioni (cavalcata da altri quotidiani) non prende corpo, o meglio non rappresenta con precisione i contorni dello sfogo. Siamo al«me ne vado ma non me ne vado». Potrebbe deciderlo ma non lo farà. Questa è la storia. Si tratta soltanto di una reazione emotiva dell’uomo ferito nell’orgoglio. E’ già successo.« Se volete torno in Friuli »disse l’anno scorso prima di Natale, quando era secondo in classifica, perché l’Olimpico lo aveva fischiato dopo la sostituzione di Zarate. Stessa storia due giorni fa. Da una parte la stanchezza per i fischi, dall’altra l’ottimismo per il futuro e le virgolette chiarissime:« Vado avanti». Sullo sfondo la necessità di non trasformare la contestazione in un alibi, la voglia di confrontarsi con la squadra, che vede distratta, lontana dalla realtà del campionato appena iniziato.
ORE 11 -Ieri mattina Reja si presenta molto presto a Formello. Sta già lavorando e studiando la trasferta di Cesena, ma si porta dietro la delusione e l’amarezza per i fischi. Nello spogliatoio raccontano già da diverse settimane di vederlo nervoso, molto insofferente. Aspetta la squadra per l’allenamento fissato nel pomeriggio e pranza con i suoi più stretti collaboratori.
ORE 15 -Arrivano alla spicciolata i giocatori. Reja resta in borghese. Si spogliano solo il suo vice Giovanni Lopez e il preparatore Febbrari. Comincia il confronto con la squadra. Edy alza i toni, la contestazione dei tifosi è appena sfiorata. E manifesta l’intenzione di andare via.« Mi sono stancato. Vi vedo distratti, è come se il campionato dovesse ancora cominciare. Facciamo certe cose in allenamento e poi non si ripetono sul campo. In più mi becco anche i fischi dei tifosi. Così non va. A 65 anni me ne posso anche stare a casa con mia moglie piuttosto che continuare così»: queste, più o meno, le sue parole e il senso del discorso fatto alla squadra. Intervengono alcuni senatori, lo invitano a restare, a mettere da parte la delusione. Lo difende anche il ds Tare. La chiusura di Reja è sorprendente. « Guardo l’allenamento, più tardi arriva Lotito e gli comunico le mie decisioni ».
ORE 18 -Piomba Lotito a Formello. Alcuni giocatori, già usciti dal centro sportivo, vengono richiamati. Domenica all’Olimpico non ha visto nessuno, non è vero che abbia urlato dopo la partitanello spogliatoio, dove non lo hanno proprio visto. Il presidente raduna la squadra e il messaggio è chiarissimo:«Reja ha la nostra fiducia e non si tocca, non va bene scaricare le colpe sull’allenatore. Dimostrate sul campo di meritare la maglia della Lazio ». E’ una ramanzina, un processo alla squadra, una difesa totale dell’allenatore, che annuncia:«Resto». Alle 19 il tecnico lascia il centro sportivo, non dice una parola, appare di pessimo umore. Ma è pronto a riprendersi la Lazio e viaggiare verso Cesena per trasformare i fischi in applausi. Una notte per capire se la scossa basterà per far tornare a volare l’aquila.
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