CORSPORT (A. GIORDANO) - Il gusto sacro della vita è una missione di fede e in quello sguardo tenero (e vagamente) fanciullesco. C’è la luce di un’anima candida, il figlio ideale che parla a cuore aperto. Si scrive Cavani, si legge goleador - oppure anche matador - e l’etichetta (un po’ riduttiva) è solo la rappresentazione mediatica d’un calciatore che nasconde l’aspetto umano.
Il bomber dei sogni che corre lieve e felice incontro al futuro è una fonte d’energia irresistibile, un modello di serenità interiore, un esempio da imitare e la vita da attraversare non è (solo) un’area di rigore abitata da famelici difensori ma anche un percorso da gustare sentimentalmente. Il Cavani napoletano, la star da copertina, ha un anno appena e in questo spicchio di tempo di una esistenza comunque rivoltata come un guanto ed esposta pubblicamente, l’aspetto che ruba la scena è quella perenne volontà di scoprire ulteriori sentieri di fede, l’empatia scoperta con una città - Napoli dalla quale s’è lasciato conquistare, prima di stregarla con languidi reti e tenere doppiette. L’epicentro d’una quotidianità difesa a denti stretti restano Maria Soledad e Bautista, il suo fresco ruolo di papà e la sua discreta, blindata ricerca di Dio: il resto è calcio, comunque un amore a cielo aperto.
Cartoline ( un po’) segrete d’un uomo pubblico: il Cavani in versione papà è più bravo del matador che segna a raffica?
«Questo sarebbe più giusto chiederlo a Maria Soledad e, un giorno, quando sarà grande, a Bautista. Io spero di essere un buon genitore, sto imparando».
Diciamo la verità: ma quando di notte il bimbo piange, chi si alza...?
«Dipende da chi si sveglia per primo. E’ un match alla pari, credetemi».
Prova del pannolino: l’ha mai cambiato?
«Mica solo una volta. A me piace molto dare il mio contributo e poi mi diverte giocare con mio figlio, coglierne la crescita e i cambiamenti nelle espressioni, nelle smorfie che fa».
La sua vita quanto risulta modificata?
«Ora mi sento più ricco dentro, avverto nuove responsabilità, so di dover dare insieme con mia moglie - un’educazione a Bautista ma so anche che c’è tempo per questo. Ha cinque mesi, dunque posso allenarmi con calma per migliorarmiinquestaveste».
Diceva sei mesi fa, voglio una famiglia numerosa.
«Non abbiamo cambiato idea, però senza aver fretta. Inutile quindi chiedermi quando arriverà un fratellino o una sorellina per mio figlio: calma».
Intanto, ricomincia il campionato, poi la Champions...
«Ma mio figlio è convocato, sempre. Ha già visto le partite di Coppa America e mi ha portato fortuna. S’è fatto un torneo al freddo, sarà già allenato...».
Un anno di Napoli, quanto ne sa di più?
«Parecchio. Ho avuto modo di girare la città, di visitarla, di verificarne la bellezza. Non è facile fare il turista, un po’ perché qui si gioca sempre e un po’ perché l’entusiasmo della gente, per strada,è simile a quella dello stadio. Però ho avuto modo di percepire la splendore di questa e l’umanità dei suoi abitanti».
Lei è sempre riservato, soprattutto sui contenuti intimistici della sua esistenza.
« Io e Soledad esprimiamo la fede nei modi in cui è possibile, spesso collegandoci via skype con il nostro Pastore in Uruguay. Qui non è semplice trovare un luogo di aggregazione pubblica».
Ha conosciuto il sapore del successo, questa estate...
«E quindi sono diventato anche più ambizioso. Vincere aiuta a vincere e alzare al cielo un trofeo mi è piaciuto tantissimo. Le mie aspettative sono quelle di chiunque, qua: riuscire a realizzare qualcosa di importante».
E’ pronto a recitare da protagonista?
«L’anno scorso siamo stati capaci di raggiungere il terzo posto, al termine di una stagione entusiasmante. La campagna di rafforzamento del Napoli testimonia quale sia la mentalità di De Laurentiis e di Mazzarri: le attese si intuiscono, visto gli acquisiti. Vedrete sempre questo gruppo lottare, perché vorremo far bella figura nelle tre competizioni che ci aspettano».
Sensazioni della vigilia?
«Ottime, perché la società s’è mossa bene. Poi nel calcio non si sa mai, magari ti gira tutto storto. Noi abbiamo un vantaggio, rispetto agli avversari: la spinta che ci dà il pubblico».
Sir Alex Ferguson, al Corriere dello Sport- Stadio, ha sottolineato il valore dell’effetto San Paolo.
«Le attenzioni di un allenatore che è nella storia del calcio mondiale rendono onore al lavoro di questo club e sottolineano quanto il Napoli abbia un suo ruolo anche per gli altri. La passione del pubblico è indiscutibile: amici comuni, con i quali parlo, mi dicono sempre che, visto dall’esterno, è impossibile far male in quello stadio, perché l’urlo della gente sembra trascinare»
E ora c’è ancora più euforia in giro.
«Immagino che i tifosi attendano l’inizio del campionato e la Champions proprio come noi. Siamo onorati di aver raggiunto questo traguardo e ora ci affidiamo anche a loro».
Onestamente, s’aspettava di arrivare a quei livelli?
«Confesso, non ci pensavo. Io so per certo che ogni volta do sempre il 100% ma trovarci a lottare per lo scudetto, segnare così tanto, è stata una piacevolissima sorpresa. Abbiamo avuto dal campo la ricompensa ai sacrifici fatti e sento che quest’anno riusciremo a essere quelli della passata stagione».
Si comincia e sarà subito Dzeko, Aguero, Tevez, Ibrahimovic...
«Ma io non ho paura di nessuno, qualcuno di questi avversari l’ho affrontato in Coppa America, altri in campionato. In campo si è undici contro undici, vincechi sbaglia di meno ed il Napoli è in grado di contrastare chiunque».
Sfida a tutto campo, da Di Natale a Forlan.
«Di Natale ha già vinto due volte il titolo di capocannoniere, dimostrando di avere classe e fiuto del gol. Ora ritrova tra gli avversari pure Forlan, grande calciatore per una grande squadra, un uomo che ha fatto bene ovunque: non conosce il calcio italiano, ma imparerà presto».
Qual è il vostro vantaggio, se pensa ce ne sia almeno uno?
«Essere ripartiti da Mazzarri e dal suo staff, la continuità che verrà garantita dai sistemi di allenamento. Con l’Uruguay, nei primi tempi, fu dura per Tabarez e non mancarono le critiche. Il campo ha sostenuto che bisognava aspettarlo. Siamo riusciti ad imporci nella Coppa America e nel 2010 abbiamo chiuso un gran Mondiale».
Qual è il vostro handicap, ammesso che lo voglia svelare?
« Siamo meno esperti di altre formazioni internazionali, molti di noi per la prima volta si affacciano alla Champions. Però abbiamo dentro talmente tanta voglia di confermarci anche a questi livelli, che potremmo superare queste umane difficoltà. Oggi veniamo ritenuti, come ha sottolineato Ferguson, una squadra importante; può darsi che in giro ci sia qualcuno che si sia appassionato a noi vedendoci giocare: sentiamo la responsabilità, ma non è un peso » .
Perché si parla soprattutto della Champions e così poco di campionato?
« Ah, non lo so. Comunque vi dico che l’anno scorso a Cesena ho segnato una doppietta, la seconda con la maglia del Napoli: la prima l’avevo realizzata a Boras, in Svezia, sul sintetico... » .
Il bomber dei sogni che corre lieve e felice incontro al futuro è una fonte d’energia irresistibile, un modello di serenità interiore, un esempio da imitare e la vita da attraversare non è (solo) un’area di rigore abitata da famelici difensori ma anche un percorso da gustare sentimentalmente. Il Cavani napoletano, la star da copertina, ha un anno appena e in questo spicchio di tempo di una esistenza comunque rivoltata come un guanto ed esposta pubblicamente, l’aspetto che ruba la scena è quella perenne volontà di scoprire ulteriori sentieri di fede, l’empatia scoperta con una città - Napoli dalla quale s’è lasciato conquistare, prima di stregarla con languidi reti e tenere doppiette. L’epicentro d’una quotidianità difesa a denti stretti restano Maria Soledad e Bautista, il suo fresco ruolo di papà e la sua discreta, blindata ricerca di Dio: il resto è calcio, comunque un amore a cielo aperto.
Cartoline ( un po’) segrete d’un uomo pubblico: il Cavani in versione papà è più bravo del matador che segna a raffica?
«Questo sarebbe più giusto chiederlo a Maria Soledad e, un giorno, quando sarà grande, a Bautista. Io spero di essere un buon genitore, sto imparando».
Diciamo la verità: ma quando di notte il bimbo piange, chi si alza...?
«Dipende da chi si sveglia per primo. E’ un match alla pari, credetemi».
Prova del pannolino: l’ha mai cambiato?
«Mica solo una volta. A me piace molto dare il mio contributo e poi mi diverte giocare con mio figlio, coglierne la crescita e i cambiamenti nelle espressioni, nelle smorfie che fa».
La sua vita quanto risulta modificata?
«Ora mi sento più ricco dentro, avverto nuove responsabilità, so di dover dare insieme con mia moglie - un’educazione a Bautista ma so anche che c’è tempo per questo. Ha cinque mesi, dunque posso allenarmi con calma per migliorarmiinquestaveste».
Diceva sei mesi fa, voglio una famiglia numerosa.
«Non abbiamo cambiato idea, però senza aver fretta. Inutile quindi chiedermi quando arriverà un fratellino o una sorellina per mio figlio: calma».
Intanto, ricomincia il campionato, poi la Champions...
«Ma mio figlio è convocato, sempre. Ha già visto le partite di Coppa America e mi ha portato fortuna. S’è fatto un torneo al freddo, sarà già allenato...».
Un anno di Napoli, quanto ne sa di più?
«Parecchio. Ho avuto modo di girare la città, di visitarla, di verificarne la bellezza. Non è facile fare il turista, un po’ perché qui si gioca sempre e un po’ perché l’entusiasmo della gente, per strada,è simile a quella dello stadio. Però ho avuto modo di percepire la splendore di questa e l’umanità dei suoi abitanti».
Lei è sempre riservato, soprattutto sui contenuti intimistici della sua esistenza.
« Io e Soledad esprimiamo la fede nei modi in cui è possibile, spesso collegandoci via skype con il nostro Pastore in Uruguay. Qui non è semplice trovare un luogo di aggregazione pubblica».
Ha conosciuto il sapore del successo, questa estate...
«E quindi sono diventato anche più ambizioso. Vincere aiuta a vincere e alzare al cielo un trofeo mi è piaciuto tantissimo. Le mie aspettative sono quelle di chiunque, qua: riuscire a realizzare qualcosa di importante».
E’ pronto a recitare da protagonista?
«L’anno scorso siamo stati capaci di raggiungere il terzo posto, al termine di una stagione entusiasmante. La campagna di rafforzamento del Napoli testimonia quale sia la mentalità di De Laurentiis e di Mazzarri: le attese si intuiscono, visto gli acquisiti. Vedrete sempre questo gruppo lottare, perché vorremo far bella figura nelle tre competizioni che ci aspettano».
Sensazioni della vigilia?
«Ottime, perché la società s’è mossa bene. Poi nel calcio non si sa mai, magari ti gira tutto storto. Noi abbiamo un vantaggio, rispetto agli avversari: la spinta che ci dà il pubblico».
Sir Alex Ferguson, al Corriere dello Sport- Stadio, ha sottolineato il valore dell’effetto San Paolo.
«Le attenzioni di un allenatore che è nella storia del calcio mondiale rendono onore al lavoro di questo club e sottolineano quanto il Napoli abbia un suo ruolo anche per gli altri. La passione del pubblico è indiscutibile: amici comuni, con i quali parlo, mi dicono sempre che, visto dall’esterno, è impossibile far male in quello stadio, perché l’urlo della gente sembra trascinare»
E ora c’è ancora più euforia in giro.
«Immagino che i tifosi attendano l’inizio del campionato e la Champions proprio come noi. Siamo onorati di aver raggiunto questo traguardo e ora ci affidiamo anche a loro».
Onestamente, s’aspettava di arrivare a quei livelli?
«Confesso, non ci pensavo. Io so per certo che ogni volta do sempre il 100% ma trovarci a lottare per lo scudetto, segnare così tanto, è stata una piacevolissima sorpresa. Abbiamo avuto dal campo la ricompensa ai sacrifici fatti e sento che quest’anno riusciremo a essere quelli della passata stagione».
Si comincia e sarà subito Dzeko, Aguero, Tevez, Ibrahimovic...
«Ma io non ho paura di nessuno, qualcuno di questi avversari l’ho affrontato in Coppa America, altri in campionato. In campo si è undici contro undici, vincechi sbaglia di meno ed il Napoli è in grado di contrastare chiunque».
Sfida a tutto campo, da Di Natale a Forlan.
«Di Natale ha già vinto due volte il titolo di capocannoniere, dimostrando di avere classe e fiuto del gol. Ora ritrova tra gli avversari pure Forlan, grande calciatore per una grande squadra, un uomo che ha fatto bene ovunque: non conosce il calcio italiano, ma imparerà presto».
Qual è il vostro vantaggio, se pensa ce ne sia almeno uno?
«Essere ripartiti da Mazzarri e dal suo staff, la continuità che verrà garantita dai sistemi di allenamento. Con l’Uruguay, nei primi tempi, fu dura per Tabarez e non mancarono le critiche. Il campo ha sostenuto che bisognava aspettarlo. Siamo riusciti ad imporci nella Coppa America e nel 2010 abbiamo chiuso un gran Mondiale».
Qual è il vostro handicap, ammesso che lo voglia svelare?
« Siamo meno esperti di altre formazioni internazionali, molti di noi per la prima volta si affacciano alla Champions. Però abbiamo dentro talmente tanta voglia di confermarci anche a questi livelli, che potremmo superare queste umane difficoltà. Oggi veniamo ritenuti, come ha sottolineato Ferguson, una squadra importante; può darsi che in giro ci sia qualcuno che si sia appassionato a noi vedendoci giocare: sentiamo la responsabilità, ma non è un peso » .
Perché si parla soprattutto della Champions e così poco di campionato?
« Ah, non lo so. Comunque vi dico che l’anno scorso a Cesena ho segnato una doppietta, la seconda con la maglia del Napoli: la prima l’avevo realizzata a Boras, in Svezia, sul sintetico... » .
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