mercoledì 7 settembre 2011

Cavani: "Niente limiti per il Napoli"


CORSPORT (A. GIORDANO) - Il gusto sacro della vita è una missione di fede e in quello sguardo tenero (e vagamente) fanciullesco. C’è la luce di un’anima candida, il figlio ideale che parla a cuore aperto. Si scrive Cavani, si legge goleador - oppure anche matador - e l’etichetta (un po’ riduttiva) è solo la rappresentazione mediatica d’un calciatore che nasconde l’aspetto umano.
Il bomber dei sogni che corre lieve e felice incontro al futuro è una fonte d’energia irresistibile, un modello di serenità interiore, un esempio da imitare e la vita da attraversare non è (solo) un’area di rigore abitata da famelici difensori ma anche un percorso da gustare sentimentalmente. Il Cavani napoletano, la star da copertina, ha un anno appena e in questo spicchio di tempo di una esistenza comunque rivoltata come un guanto ed esposta pubblicamente, l’aspetto che ruba la scena è quella perenne volontà di scoprire ulteriori sentieri di fede, l’empatia scoperta con una città - Napoli ­dalla quale s’è lasciato conquistare, prima di stregarla con languidi reti e tenere doppiette. L’epicentro d’una quotidianità difesa a denti stretti restano Maria Soledad e Bautista, il suo fresco ruolo di papà e la sua discreta, blindata ricerca di Dio: il resto è calcio, comunque un amore a cielo aperto.
Cartoline ( un po’) segrete d’un uomo pubblico: il Ca­vani in versione papà è più bravo del matador che segna a raffica?
«Questo sarebbe più giusto chiederlo a Maria Soledad e, un giorno, quando sa­rà grande, a Bautista. Io spero di essere un buon genitore, sto imparando».
Diciamo la verità: ma quando di notte il bimbo piange, chi si alza...?
«Dipende da chi si sveglia per primo. E’ un match alla pari, credetemi».
Prova del pannolino: l’ha mai cambia­to?
«Mica solo una volta. A me piace molto dare il mio contributo e poi mi diverte giocare con mio figlio, coglierne la cre­scita e i cambiamenti nelle espressioni, nelle smorfie che fa».
La sua vita quanto risulta modificata?
«Ora mi sento più ricco dentro, avverto nuove responsabilità, so di dover dare ­insieme con mia moglie - un’educazione a Bautista ma so anche che c’è tempo per questo. Ha cinque mesi, dunque posso allenarmi con calma per miglio­rarmiinquestaveste».
Diceva sei mesi fa, voglio una famiglia numerosa.
«Non abbiamo cambiato idea, però sen­za aver fretta. Inutile quindi chiedermi quando arriverà un fratellino o una so­rellina per mio figlio: calma».
Intanto, ricomincia il campionato, poi la Champions...
«Ma mio figlio è convocato, sempre. Ha già visto le partite di Coppa America e mi ha portato fortuna. S’è fatto un tor­neo al freddo, sarà già allenato...».
Un anno di Napoli, quanto ne sa di più?
«Parecchio. Ho avuto modo di girare la città, di visitarla, di verificarne la bel­lezza. Non è facile fare il turista, un po’ perché qui si gioca sempre e un po’ per­ché l’entusiasmo della gente, per strada,è simile a quella dello stadio. Però ho avuto modo di percepire la splendore di questa e l’umanità dei suoi abitanti».
Lei è sempre riservato, soprattutto sui contenuti intimistici della sua esisten­za.
« Io e Soledad esprimiamo la fede nei modi in cui è possibile, spesso collegan­doci via skype con il nostro Pastore in Uruguay. Qui non è semplice trovare un luogo di aggregazione pubblica».
Ha conosciuto il sapore del successo, questa estate...
«E quindi sono diventato anche più am­bizioso. Vincere aiuta a vincere e alzare al cielo un trofeo mi è piaciuto tantissi­mo. Le mie aspettative sono quelle di chiunque, qua: riuscire a realizzare qualcosa di importante».
E’ pronto a recitare da protagonista?
«L’anno scorso siamo stati capaci di rag­giungere il terzo posto, al termine di una stagione entusiasmante. La campagna di rafforzamento del Napoli testimonia quale sia la mentalità di De Laurentiis e di Mazzarri: le attese si intuiscono, visto gli acquisiti. Vedrete sempre questo gruppo lottare, perché vorremo far bel­la figura nelle tre competizioni che ci aspettano».
Sensazioni della vigilia?
«Ottime, perché la società s’è mossa be­ne. Poi nel calcio non si sa mai, magari ti gira tutto storto. Noi abbiamo un van­taggio, rispetto agli avversari: la spinta che ci dà il pubblico».
Sir Alex Ferguson, al Corriere dello Sport- Stadio, ha sottolineato il valore dell’effetto San Paolo.
«Le attenzioni di un allenatore che è nel­la storia del calcio mondiale rendono onore al lavoro di questo club e sottoli­neano quanto il Napoli abbia un suo ruo­lo anche per gli altri. La passione del pubblico è indiscutibile: amici comuni, con i quali parlo, mi dicono sempre che, visto dall’esterno, è impossibile far ma­le in quello stadio, perché l’urlo della gente sembra trascinare»
E ora c’è ancora più euforia in giro.
«Immagino che i tifosi attendano l’inizio del campionato e la Champions proprio come noi. Siamo onorati di aver raggiun­to questo traguardo e ora ci affidiamo an­che a loro».
Onestamente, s’aspettava di arrivare a quei livelli?
«Confesso, non ci pensavo. Io so per cer­to che ogni volta do sempre il 100% ma trovarci a lottare per lo scudetto, segna­re così tanto, è stata una piacevolissima sorpresa. Abbiamo avuto dal campo la ri­compensa ai sacrifici fatti e sento che quest’anno riusciremo a essere quelli della passata stagione».
Si comincia e sarà subito Dzeko, Aguero, Tevez, Ibrahimovic...
«Ma io non ho paura di nessuno, qualcu­no di questi avversari l’ho affrontato in Coppa America, altri in campionato. In campo si è undici contro undici, vincechi sbaglia di meno ed il Napoli è in gra­do di contrastare chiunque».
Sfida a tutto campo, da Di Natale a For­lan.
«Di Natale ha già vinto due volte il titolo di capocannoniere, dimostrando di avere classe e fiuto del gol. Ora ritrova tra gli avversari pure Forlan, grande calciatore per una grande squadra, un uomo che ha fatto bene ovunque: non conosce il calcio italiano, ma imparerà presto».
Qual è il vostro vantaggio, se pensa ce ne sia almeno uno?
«Essere ripartiti da Mazzarri e dal suo staff, la continuità che verrà garantita dai sistemi di allenamento. Con l’Uru­guay, nei primi tempi, fu dura per Taba­rez e non mancarono le critiche. Il cam­po ha sostenuto che bisognava aspettar­lo. Siamo riusciti ad imporci nella Cop­pa America e nel 2010 abbiamo chiuso un gran Mondiale».
Qual è il vostro handicap, ammesso che lo voglia svelare?
« Siamo meno esperti di altre formazio­ni internazionali, molti di noi per la prima volta si affacciano alla Cham­pions. Però abbiamo dentro talmente tanta voglia di confermarci anche a questi livelli, che potremmo superare queste umane difficoltà. Oggi veniamo ritenuti, come ha sottolineato Fergu­son, una squadra importante; può dar­si che in giro ci sia qualcuno che si sia appassionato a noi vedendoci giocare: sentiamo la responsabilità, ma non è un peso » .
Perché si parla soprattutto della Champions e così poco di campionato?
« Ah, non lo so. Comunque vi dico che l’anno scorso a Cesena ho segnato una doppietta, la seconda con la maglia del Napoli: la prima l’avevo realizzata a Boras, in Svezia, sul sintetico... » .

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