CORSPORT (D. RINDONE) - C’è delusione in quell’urlo dei tifosi, in quell’eco che rimbomba nel silenzio ovattato dell’Olimpico: «Rejavattene, Reja vattene» . E’ successo tutto alla fine, la rabbia è esplosa dopo il 97’, dopo un lungo recupero, dopo la prima sconfitta stagionale della Lazio, dopo una nuova delusione.
C’è tempo per recuperare, è vero, ma la delusione e il malessere partono da lontano, non si limitano a una partita, sono figli di un rapporto storicamente in crisi. Il pari col Vaslui aveva trasformato gli applausi di Milano in fischi, l’1-2 del Genoa ha trasformato i fischi in contestazione, ha riaperto una vecchia ferita.
I FATTI -Reja è finito nuovamente nell’occhio del ciclone, al centro delle proteste del pubblico laziale. A Roma ha vissuto pochi mesi di celebrità, subito dopo la salvezza, poi nulla più. Le ripetute sconfitte nei derby e la gestione del caso Zarate hanno provocato una frattura nel rapporto con i tifosi della Lazio, una frattura insanabile. C’era stata una tregua a inizio stagione, ma la cessione di Maurito (per la quale Reja è stato ritenuto colpevole) ha rotto l’equilibrio.«Reja vattene», ha urlato la Nord e già prima del fischio d’inizio il nome del tecnico era stato fischiato all’annuncio delle formazioni.
IL PASSATO -Reja sfiduciato, Reja contestato e fischiato, Reja invitato ad andare via, a lasciare la Lazio. Era stato accolto con malumore già nella notte della presentazione con la Real Sociedad, era l’ 11 agosto:« Non è una novità e tutto questo non mi interessa molto. E’ chiaro, i fischi non fanno piacere soprattutto per quello che ho fatto in questo anno e mezzo di lavoro. Non dico di avere dei meriti, ma quantomeno dimeritare un po’ di riconoscenza sul piano umano», rispose così l’allenatore goriziano a fine partita, reagì diversamente rispetto a quanto fatto ieri dopo lo sfogo post Genoa. Lungo la sua infinita carriera ha imparato a domare le inquietudini, ma non è facile governare la propria sensibilità, non è facile lavorare racimolando briciole di fiducia. Reja non si è mai sentito amato né apprezzato, pensa di meritare almeno riconoscenza per ciò che ha fatto sin dal suo arrivo a Roma. La notte della presentazione della nuova Lazio di Klose e Cisse doveva essere una notte di festa, per lui non fu tale. Passò qualche giorno, arrivò il preliminare di andata con il Rabotnicki e i tifosi gli dedicarono lo striscione «la Nord è con te», fu un segnale di pace. Da lì a poco si sarebbe consumata la cessione di Zarate, da lì a poco sarebbero arrivate le prime delusioni in Europa e in campionato, da lì a poco sarebbe scoppiata una nuova bufera.
LA CORNICE -Eppure Lazio- Genoa era iniziata in un clima di festa, con le bandiere al vento, con i cori e gli inni storici intonati a squarciagola, ma il volo di Olympia non prometteva nulla di buono. L’aquila s’è poggiata subito sul trespolo, non ha effettuato giri di campo, non ha rispettato la tradizione, è partita dalla Monte Mario ed è atterrata in pochi secondi. Eppure erano accorsi in oltre 30 mila per assistere al primo match casalingo di campionato ( più di 4.000 under 16), i tifosi speravano in una vittoria, nessuno avrebbe immaginato un finale così tempestoso. Il popolo biancoceleste sogna una grande annata, non ha intenzione di soffrire, ha scelto di abbonarsi, ha sottoscritto 20.153 tessere, ha dato nuovamente fiducia ai biancocelesti, si aspetta i risultati da Reja, si aspetta più di quanto ha fatto.
C’è tempo per recuperare, è vero, ma la delusione e il malessere partono da lontano, non si limitano a una partita, sono figli di un rapporto storicamente in crisi. Il pari col Vaslui aveva trasformato gli applausi di Milano in fischi, l’1-2 del Genoa ha trasformato i fischi in contestazione, ha riaperto una vecchia ferita.
I FATTI -Reja è finito nuovamente nell’occhio del ciclone, al centro delle proteste del pubblico laziale. A Roma ha vissuto pochi mesi di celebrità, subito dopo la salvezza, poi nulla più. Le ripetute sconfitte nei derby e la gestione del caso Zarate hanno provocato una frattura nel rapporto con i tifosi della Lazio, una frattura insanabile. C’era stata una tregua a inizio stagione, ma la cessione di Maurito (per la quale Reja è stato ritenuto colpevole) ha rotto l’equilibrio.«Reja vattene», ha urlato la Nord e già prima del fischio d’inizio il nome del tecnico era stato fischiato all’annuncio delle formazioni.
IL PASSATO -Reja sfiduciato, Reja contestato e fischiato, Reja invitato ad andare via, a lasciare la Lazio. Era stato accolto con malumore già nella notte della presentazione con la Real Sociedad, era l’ 11 agosto:« Non è una novità e tutto questo non mi interessa molto. E’ chiaro, i fischi non fanno piacere soprattutto per quello che ho fatto in questo anno e mezzo di lavoro. Non dico di avere dei meriti, ma quantomeno dimeritare un po’ di riconoscenza sul piano umano», rispose così l’allenatore goriziano a fine partita, reagì diversamente rispetto a quanto fatto ieri dopo lo sfogo post Genoa. Lungo la sua infinita carriera ha imparato a domare le inquietudini, ma non è facile governare la propria sensibilità, non è facile lavorare racimolando briciole di fiducia. Reja non si è mai sentito amato né apprezzato, pensa di meritare almeno riconoscenza per ciò che ha fatto sin dal suo arrivo a Roma. La notte della presentazione della nuova Lazio di Klose e Cisse doveva essere una notte di festa, per lui non fu tale. Passò qualche giorno, arrivò il preliminare di andata con il Rabotnicki e i tifosi gli dedicarono lo striscione «la Nord è con te», fu un segnale di pace. Da lì a poco si sarebbe consumata la cessione di Zarate, da lì a poco sarebbero arrivate le prime delusioni in Europa e in campionato, da lì a poco sarebbe scoppiata una nuova bufera.
LA CORNICE -Eppure Lazio- Genoa era iniziata in un clima di festa, con le bandiere al vento, con i cori e gli inni storici intonati a squarciagola, ma il volo di Olympia non prometteva nulla di buono. L’aquila s’è poggiata subito sul trespolo, non ha effettuato giri di campo, non ha rispettato la tradizione, è partita dalla Monte Mario ed è atterrata in pochi secondi. Eppure erano accorsi in oltre 30 mila per assistere al primo match casalingo di campionato ( più di 4.000 under 16), i tifosi speravano in una vittoria, nessuno avrebbe immaginato un finale così tempestoso. Il popolo biancoceleste sogna una grande annata, non ha intenzione di soffrire, ha scelto di abbonarsi, ha sottoscritto 20.153 tessere, ha dato nuovamente fiducia ai biancocelesti, si aspetta i risultati da Reja, si aspetta più di quanto ha fatto.
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