GASPORT (S. CIERI) - Così vicini — ma non troppo: non sarebbe bello vedere la partita fianco a fianco? —, eppure così diversi, per estrazione, percorso, modi. Anche se, scorrendo le biografie, si potrebbe dire che se uno ama i latinismi e la cultura classica, l'altro ha respirato Italia e italianismi fin dall'infanzia. Ma tant'è, all'apparenza sono agli antipodi: il dirompenteClaudio Lotito e il dimessoThomas DiBenedetto.
Non si sono mai incrociati, ma potrebbero trovare argomenti in comune: se uno predica da anni la moralizzazione del calcio, l'altro ha esordito citando il fair play finanziario. DiBenedetto dalla Roma percepirà pure uno stipendio da un milione di euro, biglietti a/r per gli Usa e una macchina con autista, in linea con la Sensi. E ovviamente, appresa la notizia, Claudio Lotito non ha mancato di sottolineare la sua diversità: «Nè io, né gli altri dirigenti della Lazio abbiamo mai percepito emolumenti dal club. Per me i dirigenti non devono prendere stipendi».
Magari, i due troveranno un'intesa sullo sfruttamento dell'Olimpico (ieri il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso d'urgenza presentato dal Coni per ottenere da Lotito il rispetto dell'accordo per l'affitto dello stadio: il ricorso procederà ora per via ordinaria). Intanto domani vogliono vincere entrambi: Lotito per interrompere la striscia negativa, DiBenedetto per entrare nella storia col piede giusto.
Qui Lotito (e dintorni) Fino a cinque derby fa, il bilancio di Lotito nelle stracittadine era di 4 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte. Più che lusinghiero, dunque. Poi è arrivato il filotto nero di 5 k.o. consecutivi che ha ribaltato la situazione e fatto perdere le staffe (nell'ultimo derby) al presidente. Lotito, battagliero e sempre sopra le righe nella quotidianità, era invece solito vivere in maniera serena le sfide con la Roma. Era, perché ultimamente le cose sono cambiate. Negli ultimi mesi ha pizzicato la Roma sul simbolo («era un lupo qualsiasi, si sono impossessati della lupa capitolina senza averne diritto»), quindi ha ribadito ad ogni occasione la supremazia (cronologica) del suo club. Tanto da far scrivere la data di fondazione del club (nato 27 anni prima della Roma) anche sulle maglie da gioco. E la scorsa estate ha preso gli esperti Klose e Cisse per dare alla sua squadra quella personalità che era mancata l'anno scorso nelle partite importanti. A cominciare dai derby.
Qui DiBenedetto (e dintorni) Si è fatto raccontare il derby da Walter Sabatini, domani si aspetta una partita speciale, un po' crazy. Ha compreso la portata della rivalità: quanto di più simile, gli hanno spiegato, a quella feroce che divide i suoi Red Sox dagli Yankees. Da qualche giorno DiBenedetto è in giro per l'Europa, arriverà a Roma tra stasera e domani mattina e ci resterà giusto il tempo di assistere alla partita (con James Pallotta e, forse, l'ambasciatore Usa Thorne), lunedì sarà di nuovo in volo. Tanto il giorno dopo sarà il turno di Franco Baldini: il neo d.g. — cui ieri è stato «dedicato» questo striscione a Trigoria: «La Roma non perdona, Baldini chiudi la bocca» — continuerà a collaborare con la federcalcio inglese per le partite di avvicinamento all'Europeo, ma dalla prossima settimana si insedierà definitivamente. DiBenedetto non ha previsto domani di passare a salutare la squadra a Trigoria, rispetta la sacralità dello spogliatoio. Il suo arrivo è stato preceduto da un'intervista a Bloomberg. «Stiamo pagando ora i peccati del passato — ha ribadito riferendosi alla gestione Sensi — ma entro cinque anni vogliamo costruire una Roma forte e di successo, in campo e nei conti. Il nostro partner, UniCredit, ci darà un grande aiuto ma cederà parte delle sue quote ad un paio di imprenditori romani (i Toti sono in pole, ndr). Luis Enrique, infine, lo sostengo al 100%: credo in lui e nella sua idea di calcio, nessuno è più grande della squadra». E allora, domani, that win the best.
Non si sono mai incrociati, ma potrebbero trovare argomenti in comune: se uno predica da anni la moralizzazione del calcio, l'altro ha esordito citando il fair play finanziario. DiBenedetto dalla Roma percepirà pure uno stipendio da un milione di euro, biglietti a/r per gli Usa e una macchina con autista, in linea con la Sensi. E ovviamente, appresa la notizia, Claudio Lotito non ha mancato di sottolineare la sua diversità: «Nè io, né gli altri dirigenti della Lazio abbiamo mai percepito emolumenti dal club. Per me i dirigenti non devono prendere stipendi».
Magari, i due troveranno un'intesa sullo sfruttamento dell'Olimpico (ieri il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso d'urgenza presentato dal Coni per ottenere da Lotito il rispetto dell'accordo per l'affitto dello stadio: il ricorso procederà ora per via ordinaria). Intanto domani vogliono vincere entrambi: Lotito per interrompere la striscia negativa, DiBenedetto per entrare nella storia col piede giusto.
Qui Lotito (e dintorni) Fino a cinque derby fa, il bilancio di Lotito nelle stracittadine era di 4 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte. Più che lusinghiero, dunque. Poi è arrivato il filotto nero di 5 k.o. consecutivi che ha ribaltato la situazione e fatto perdere le staffe (nell'ultimo derby) al presidente. Lotito, battagliero e sempre sopra le righe nella quotidianità, era invece solito vivere in maniera serena le sfide con la Roma. Era, perché ultimamente le cose sono cambiate. Negli ultimi mesi ha pizzicato la Roma sul simbolo («era un lupo qualsiasi, si sono impossessati della lupa capitolina senza averne diritto»), quindi ha ribadito ad ogni occasione la supremazia (cronologica) del suo club. Tanto da far scrivere la data di fondazione del club (nato 27 anni prima della Roma) anche sulle maglie da gioco. E la scorsa estate ha preso gli esperti Klose e Cisse per dare alla sua squadra quella personalità che era mancata l'anno scorso nelle partite importanti. A cominciare dai derby.
Qui DiBenedetto (e dintorni) Si è fatto raccontare il derby da Walter Sabatini, domani si aspetta una partita speciale, un po' crazy. Ha compreso la portata della rivalità: quanto di più simile, gli hanno spiegato, a quella feroce che divide i suoi Red Sox dagli Yankees. Da qualche giorno DiBenedetto è in giro per l'Europa, arriverà a Roma tra stasera e domani mattina e ci resterà giusto il tempo di assistere alla partita (con James Pallotta e, forse, l'ambasciatore Usa Thorne), lunedì sarà di nuovo in volo. Tanto il giorno dopo sarà il turno di Franco Baldini: il neo d.g. — cui ieri è stato «dedicato» questo striscione a Trigoria: «La Roma non perdona, Baldini chiudi la bocca» — continuerà a collaborare con la federcalcio inglese per le partite di avvicinamento all'Europeo, ma dalla prossima settimana si insedierà definitivamente. DiBenedetto non ha previsto domani di passare a salutare la squadra a Trigoria, rispetta la sacralità dello spogliatoio. Il suo arrivo è stato preceduto da un'intervista a Bloomberg. «Stiamo pagando ora i peccati del passato — ha ribadito riferendosi alla gestione Sensi — ma entro cinque anni vogliamo costruire una Roma forte e di successo, in campo e nei conti. Il nostro partner, UniCredit, ci darà un grande aiuto ma cederà parte delle sue quote ad un paio di imprenditori romani (i Toti sono in pole, ndr). Luis Enrique, infine, lo sostengo al 100%: credo in lui e nella sua idea di calcio, nessuno è più grande della squadra». E allora, domani, that win the best.
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