venerdì 23 settembre 2011

Tanto Siena. Zero applausi per la Roma


CORSPORT (A. MAGLIE) - Un bel Siena svela tutti i limiti di questa Roma incapace di vincere. Luis Enrique non può es­sere soddisfatto: i timidi progressi messi in mostra contro l’Inter so­no scomparsi contro un avversa­rio bene organizzato, soprattutto lesto a sfruttare in contropiede gli ampi spazi che la Roma ha siste­maticamente lasciato.
Il computo delle occasioni da gol è impietoso per Totti e c.: a parte il gol, una conclusione di testa nel finale di Osvaldo (poteva essere il raddop­pio), un bel tiro di Pjanic (non lon­tano dall’incrocio), una punizione di Totti potente ma tra le braccia del portiere; dall’altra parte alme­no quattro nitide opportunità, un salvataggio sulla linea di Kjaer, un palo diventato poi gol con la ribat­tuta di Vitiello (addormentati i di­fensori giallorossi in mezzo al­l’area). La Roma avrebbe dovuto approfittare del fatto che Sannino aveva deciso di lasciare inizial­mente a riposo ben sei titolari. Cio­nonostante, dall’inizio alla fine i giallorossi hanno sofferto la velo­cità degli esterni, prima di Angelo (costretto a uscire nel finale del primo tempo per un problema mu­scolare) e poi Gonzalez, una vera forza della natura (notevole un co­ast to coast di almeno una cin­quantina di metri con tiro che sfio­rava il palo e i difensori romanisti che gli arrancavano alle spalle).
La Roma non ha ancora una identità. Essendo troppo interes­sata a ricordare le battute del co­pione, virgole comprese, dimenti­ca la sostanza, cioè la necessità di liberare l’uomo al tiro. Non è un caso che le soluzioni migliori i ra­gazzi di Luis Enrique le abbiano trovate quando hanno buttato il copione all’aria e si sono messi a cercare la profondità fregandose­ne del giro-palla inconcludente. Il Siena non poteva non approfittar­ne. Ha tenuto nove uomini dietro la linea della palla, gli esterni mol­to larghi per allargare il campo e gli spazi.

OSVALDO - Nei primi 25’ si è vista poca Roma. La solita lunghissima teoria di passaggi: palla avanti, palla indietro, palla laterale. Pochi tagli dall’esterno verso l’interno (anche perché tutte e tre le punte schierate da Luis Enrique aveva­no vocazioni «centrali»), soprat­tutto uno spostamento troppo len­to della palla con una squadra fer­ma. Non a caso la svolta del primo tempo è venuta da una soluzione,come dire, tradizionale: cambio di gioco da destra a sinistra per il ve­loce Josè Angel, che metteva la palla in mezzo all’area dove Bor­riello molto lestamente la toglieva dalla pancia a un addormentato Vitiello per poi crossare senza tro­vare resistenza in Pesoli; un gioco da ragazzi per Osvaldo, a un metro dalla linea di porta, realizzare il gol del vantaggio.
Sino a quel momento la Roma aveva replicato il solito copione condito con i soliti errori difensivi: un paio di disattenzioni di Kjaer (fuori tempo su un cross, «libera­va » in area Calaiò il cui diagonale non si perdeva troppo distante dal palo; una palla appoggiata a un av­versario sulla propria trequarti che poteva essere letale; un antici­po di testa di Brienza che obbliga­va Lobont a una respinta non par­ticolarmente facile); contropiedi vissuti pericolosamente cioè uomo contro uomo o addirittura in infe­rioritànumerica.

DELUSIONE -La Roma non ha mai dato l’impressione, nel corso dei 90’, di poter imporre il risultato (non tanto il gioco perché quello sinceramente si vede poco). La re­altà è che il possesso-palla (tutto favorevole ai giallorossi, sessanta­sei per cento) se resta accademico non regala gol e, quindi, vittorie. Così sviluppato, quel possesso ha il sapore di un inutile spreco di ener­gie. Lo ha sottolineato il Siena che nel secondo tempo, controllando la palla molto meno, ha tenuto co­stantemente in allarme Lobont fi­no a quel gol del pari non immeri­tato, comunque non imprevisto per quello che stava accadendo sul terreno di gioco. Il punticino offre ai toscani la possibilità di affronta­re con una certa fiducia lo scontro diretto con il Lecce. La Roma, in­vece, dovrà andare a Parma e se queste sono le premesse, non sarà una gita di piacere.

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